Punti Programmatici Fondamentali

Versione 1.0 – Autore Alessandro D’Agostini

1)         I Poeti d’Azione costituiscono oggi l’unica Avanguardia esistente in Italia: avanguardia tesa all’abolizione della erronea concezione borghese dell’arte che la vuole e ne concepisce l’esistenza solo in quanto e quando questa si collochi in una nicchia ultraspecialistica e destinata a fluitori-cultori altrettanto specializzati e feticisti.

2)         I prodotti artistici non possono essere separati dai produttori, i produttori dal contesto di vita sociale e economico nell’ambito del quale questi operano. La politica non è altro che il risultato dell’applicazione, nella prassi, di una concezione del mondo. Concezione che ne strutturi più o meno esplicitamente, indipendentemente da un consenso generalizzato, le dinamiche di aggregazione e interazione sociale, l’economia e -in ultima analisi- la vita stessa degli individui nel mondo e in un singolo Stato. I regni, i governi, i regimi che ci è dato conoscere oggi – come quelli di ieri – possiedono questa visione del mondo che è palese quando apertamente professata e indicata dagli stessi come unitaria (comunismo, potere retto su ordinamenti di natura etico-religiosa, sulla discendenza ecc.) o di risulta come negli stati plutocratici o democratici (spesso sarebbe meglio dire oligarchici) più moderni che asseriscono nei loro enunciati e presupposti di agire sotto la spinta di un mandato e attraverso l’avallo del voto popolare. Concezioni di risulta che, una volta smascherate, possono rivelarsi facilmente non dissimili da quelle alla base dei regimi totalitari, i quali purtuttavia possiedono generalmente l’onestà di palesare con atti plateali (o professare liberamente) l’ideologia alla base della loro natura autentica. In tal modo è più facile accettarli e integrarvisi o rifiutarli e scegliere la strada dell’opposizione e della lotta. Gli artisti d’ogni epoca hanno subito, aderito o formulato loro stessi e professata una concezione del mondo. In questa chiave i Poeti D’Azione si occupano di politica ovvero ne praticano e attuano una propria attraverso una prassi rivoluzionaria trasformatrice del presente nell’arte, nella vita, nella società civile che voglia, superando la storia, dare vita alla storia e dare vita alla storia superandola. In questa prospettiva d’azione, dì costruzione e di lotta – e di lotta affinché la costruzione avvenga e possa avvenire – il Movimento dei “Poeti d’Azione” si configura come una avanguardia estetico-politica rivoluzionaria, della quale l’origine, il motore primo, il fulcro sia artistico-estetico. Fulcro, origine, forza cinetica prima che sola ne sia la guida e abbia legittimità di delinearne e elaborarne il criterio metodologico, le tappe parziali successive da raggiungere per la conquista di un presente alfine liberato dalle pastoie anticreative, antiartistiche, antiestetiche che ostacolano e impediscono oggi l’Azione Generatrice pecuniaria di una creatività assurta a sistema di riferimento e di vita. In questo senso siamo, come dichiarammo sinteticamente cinque anni. or sono, “per la supremazia della poesia sulla politica”.

3)         Per noi poeti d’Azione non esiste il concetto di arte espressione di una determinata epoca che ne sia l’unica giustificazione d’esistenza e dalla quale desumere i criteri della sua valutazione. L’arte non nasce perché sia prigioniera della storia, l’arte precorre, anticipa, crea la storia e eterna se stessa superandola. A noi interessa esclusivamente il rapporto che questa arte possa avere con la realtà presente. – In tal modo lo stesso concetto di arte del passato viene meno. Il passato non esiste come tale, ma esiste solo nella contemporaneità del presente. Dell’arte esiste e può esistere solo il presente. La coscienza del passato è solo un’opinione indotta socialmente da una determinata cultura. Noi non abbiamo garanzia dell’autenticità del Passato o del fatto che un passato sia davvero esistito. Il passato potrebbe essere il prodotto dell’opera di 1000 generazioni di uomini come quella di un individuo geniale in un unica notte. La realtà esiste dal momento della percezione cosciente di questa realtà. La Realtà dei Poeti d’Azione è la presente condizione della realtà ed esiste dal momento della nostra nascita. – La realtà è una sola come una sola è la verità della realtà. Risulta evidente a questo punto che quella che noi ci sforziamo di presentare e per la cui affermazione siamo pronti a combattere non è “una visione dell’arte”, ma, semplicemente, “è l’arte”. In essa e per essa siamo nati, per essa continuiamo ad esistere ed agire nel mondo, immenso accumulo di materiali grezzi o semilavorati di cui servirsi per plasmare e dare alla luce, con la nostra Volontà d’Azione creatrice, il Mondo-Universo della realizzazione dell’Arte e dell’Arte realizzata.

4)         Oggi viviamo – veniamo costretti a vivere – in un eterno presente completamente sterilizzato da qualsiasi germe possibile di avere un futuro. Quelli che vengono presentati come cambiamenti sono sempre la cortina ideologica della stasi più assoluta che maschera se stessa. Quello che ci viene riproposto costantemente in un mondo che non conosce e non ha più storia è la rielaborazione ulteriormente falsificante e continua – operata con piccoli aggiustamenti – di ciò che è gia stato ripetutamente falsificato. Ciò avviene di anno in anno nei confronti degli ultimi venti trenta anni, più indietro non c’è ormai più nulla che possa avere ragione di essere reso ulteriormente irriconoscibile. Il sistema in modo camaleontico dichiara apertamente i suoi cambiamenti, assume colorazioni e sfumature che si sforzano di apparire nuove e diverse, ma proprio come per il camaleonte, l’apparenza inganna, il pigmento della pelle cambia, ma la pelle è sempre la stessa.

Questo il paradosso realizzato e perfettamente funzionante: il sistema falsifica se stesso e riesce sempre ad essere “vero” uscendo da tale processo vincitore e uguale a se stesso.

Noi Poeti d’Azione, che abbiamo dichiarato una volta per tutte di non essere interessati e di non credere al concetto stesso di passato, coscienti dei meccanismi di funzionamento della falsificazione coerenti all’ideologia del sistema di potere attuale, decretiamo che il presente non sia già l’eterno presente della riproposizione d’un passato-presente immancabilmente ripetitivo di se stesso, ma di volere – come è giusto – che sia l’eterno presente della ri-costruzione del futuro!

5)         Agire per cambiare Il presente della vita e il presente dell’essere passa necessariamente tramite un’azione trasformatrice e creatrice della realtà. Il presente della realtà è anche il presente della percezione di questa realtà e delle parole designate a rappresentarcela. Per questo la poesia è lo strumento sommo necessario a modificare la realtà. La poesia inventa le parole e le immagini nuove, riferimenti di una realtà nuova. Quando si nomina un oggetto nuovo in un circolo di persone, quell’oggetto comincia ad esistere, La poesia crea la realtà nominandola. La poesia è intrinsecamente rivoluzionaria. La poesia non è semplicemente lo strumento o il tramite di istanze rivoluzionarie ad essa attribuite dall’esterno, essa è rivoluzione in essere, Ogni volta che essa compare nel mondo nega il potere che mantiene in essere questo mondo e afferma se stessa ristrutturando il mondo a immagine di se. La poesia rende possibile l’impossibile rendendo possibile che nell’impossibile si creda e che ad esso sia reso possibile di esistere come possibile. Per questo noi poeti d’Azione affermiamo che la rivoluzione è un atto linguistico.

6)         La poesia è intrinsecamente rivoluzionaria. La poesia è rivoluzione.

Essa attraverso lo svelamento-trasformazione, la destrutturazione linguistica e dei significati raggiunge l’essenza delle cose nella loro nuda essenzialità. Manifesta ciò che era latente, rende limpido ciò che appariva oscuro, trova la coercizione nell’apparente libertà, mostra l’uomo a se stesso e agli altri uomini.

La Poesia è verità che emerge dall’infrazione dei codici linguistico-semantici che sono i codici mimetici del conformismo borghese. Tanto più ci si è trovati vicini – nei momenti della loro maggiore intensità – a quei fenomeni che si dicono “rivoluzionari” e tanto più si è sentita parlare una lingua mai udita prima, la lingua dell’indicibile, la lingua dei desideri che liberamente e ludicamente senza pudori si esprimono. Desideri che subito si realizzano o sentono la possibilità di concretarsi nell’immediatezza del pronunciamento, come per incanto. Questa lingua magica non è altro che la poesia nel suo esplodere o dispiegarsi naturale in simili circostanze. Poesia che rivela il suo smisurato potere: la sua vera natura di creatrice del mondo e della realtà – non, come vogliono barbari luoghi comuni divulgati volutamente dal sistema di potere attuale, un oggetto morto e praticamente inutile da conservare e contemplare, un passatempo per oziosi, un esercitazione scolastica. Bestemmie queste da condannare e respingere.

7)         L’esteticità dell’opera d’arte è tutt’uno con la sua verità.

La Poesia reca in se la forza eversiva di una verità capace di autorivelarsi nell’oggetto estetico; ma c’è di più: ciò si determina – e solo si può determinare – nell’unità di questa con esso. Forma e contenuto non possono considerarsi disgiunti, come non è possibile pensare divisi pensiero e azione, arte e vita, progettualità trasformativa d’avanguardia e totalità del reale e dell’esistenza.

8)         L’arte attuale non è semplicemente organica al potere dominante o al servizio di questo, come asseriscono alcuni fra coloro che fingono o credono di collocarsi in una schiera di critici e oppositori che si ritengono all’antitesi di questa. Infatti ragionare in questi termini significherebbe credere erroneamente che arte e potere in una determinata epoca e in un dato momento storico (sociale e politico) possano valutarsi autonomamente l’una dall’altro; significherebbe credere alla menzogna borghese dell’autonomia dell’arte. Tanto l’arte appare più autonoma, tanto è maggiormente l’espressione del potere dominante in quanto lo rafforza sviando la possibilità di critica e contestazione autentica nelle valvole di sfogo dell’alienazione. Fra arte attuale e potere esiste infatti identificazione totale. L’arte attuale è il potere. L’arte attuale e il potere come due specchi collocati l’uno di fronte all’altro si rimandano il riflesso della medesima e misera immagine di loro stessi.

Ma l’immagine di uno specchio perfettamente coincidente e riflessa in quella d’un altro specchio, dà come risultato l’annullamento di ogni immagine, l’immagine del nulla. Lo statico nulla della creazione artistica, delle condizioni spirituali, di vita, che viviamo, in una parola l’immagine esatta del presente attuale della realtà. Per questo un’Avanguardia Artistica che si contrapponga all’arte attuale non può esimersi dal contrapporsi radicalmente e risolutamente al potere che quest’arte ha generata e che essa stessa mantiene in essere in uno scambievole balletto-fusione grottesca di legittimazione reciproca di reciproco nulla.

Per affermare l’arte in un mondo che di fatto non la rende possibile è necessario, in opposizione completa e radicale a questo mondo, collocarsi in una logica di superamento che abbracci contemporaneamente arte attuale e potere attuale. L’arte è da considerarsi “potere in sé” e non riduttivamente “potere riflesso” e quindi attribuito da terzi. Questo potere dell’arte esiste oggettivamente e intrinsecamente ad essa e può avere – da solo – la forza di “scardinare i cardini” del potere attuale stesso in tutte le sue espressioni.

L’unica possibilità per eliminare l’arte del potere che è chiaramente una non arte è giungere all’affermazione del “Potere dell’Arte”.

9)         Il conferimento di valore immateriale alla materia è la creazione di oggetti simbolici capaci di possedere valore in se prima del consumo o dell’uso consumabile degli stessi. La società post-industriale si alimenta e conseguentemente produce di continuo questi simboli che condivisi da milioni di persone sono “consumati in massa” in un rito antropofago quotidiano. L’immagine consumabile è la realtà del consumo riprodotto all’istante dai media senza la mediazione dei processi di produzione. Questa è l’economica novità della società mediatica. Società senza classi o gerarchie sociali, società costituita di una sola gerarchia al vertice e una alla base sottostante: il prodotto consumabile e il consumante. I rapporti fra uomini in questa società così strutturata, fatalmente mediati dal “consumo spettacolare”, riproducono ab-libitum il modello strutturale della società stessa. Riproducendola la rafforzano e la legittimano essendo essi parte organicamente inscindibile di questa. Ciò non toglie che, per mantenere in vita l’intero organismo, sia necessario alimentarne comunque e sempre la sussistenza. Per tale motivo la produzione immateriale è l’occupazione esclusiva del sistema di potere attuale. Tale produzione,  che è fisiologicamente necessaria ad alimentare un mondo interamente costituito di realtà immateriale, per contro è l’alimento primo del quale il sistema di potere si nutre per sopravvivere, in quanto non potrebbe essere possibile altrimenti: l’originario rapporto con le fonti prime della falsificazione (la realtà iniziale) è svanito da lungo tempo e ormai forse per sempre. Avviene così che il sistema di potere attuale fagociti se stesso. Il processo degenerativo di un sistema che da decenni mastica digerisce e rigurgita sempre se stesso è il presente “falso indiscutibile” che viviamo.

10)       L’arte è affermazione. Non esiste nella negazione arte compiutamente realizzata. Limitarsi a contestare l’arte attuale senza essere capaci di affermare un autentica arte che palesi il potere in essa implicito, significa cadere nella logica degli specchi riflessi di se, significa affiancare un terzo specchio a quelli dell’arte e del potere attuali nel tentativo illusorio che questo – senza andare a contestare il contiguo potere attuale e senza affermare la nuova sintesi superante del Potere dell’Arte – semplicemente negando l’arte attuale – la possa sconfiggere. Ma di questa sconfitta che -mancando l’affermazione non potrebbe avvenire comunque – la vittoria di chi, a beneficio di cosa sarebbe? Dell’Arte nuova o di una sua versione rovesciata? La risposta è proprio in quest’ultimo termine dell’ipotesi. La negazione, comportandosi come un negativo fotografico che nell’arte attuale a sua volta si rifletta invertendone solo il segno, ma senza riuscire tuttavia a abolirla e superarla perché comunque riflesso di questa – in quanto comunque da questa generata – determinerebbe paradossalmente il rafforzamento del potere attuale pronto immediatamente a fagocitarla e a renderla innocua e organica a sé, senza soluzione di continuità. Inutile dire che tutto questo si è già verificato ogniqualvolta si è affacciato un tentativo superficiale di negazione del potere e dell’ arte del potere. La contestazione in questi casi non è stata altro che il contrappeso necessario al potere per mantenere i piatti della bilancia in perfetto equilibrio.

Noi poeti d’Azione siamo venuti al mondo con la missione di rendere possibile prima – attuare in seguito – “il potere dell’ arte”.

11)       I burocrati del “potere culturale” verso l’arte, i suoi nuovi e autentici produttori, hanno dimostrato di essere spietati condannando l’una come gli altri a morte e senza possibilità d’appello. Hanno rapito e segregato l’arte in modo che questa non possa più esprimere se stessa. Di essa ci giunge una ciocca di capelli, la foto di un dettaglio del corpo, qualche volta un orecchio tagliato. L’unico modo per liberarla a vita nuova è rimuovere i rapitori dal loro ruolo criminale rivelandolo. La battaglia da compiere è una battaglia di logoramento che ne eroda la credibilità, ne faccia vacillare il potere totalitario delegittimandoli.

Il nostro compito è quello di riscattare l’arte. Come? Rendendola possibile.

12)       Nell’Arte d’Azione la “produzione d’arte” come “l’atto esteticamente orientato nella realtà” (che sempre sono tesi a trasformarla in “Realtà dell’Azione artistica totale”) costituiscono il risultato di un’”Azione estetica orientata”. I singoli “agenti” del processo trasformazionale sono i “Vettori d’Azione” di questo processo. – Il concetto di individuo lascia il posto all’individuo archetipo condiviso che costituisce la direttrice risultante del sussistere di ogni singolo “Vettore d’Azione”. L’individuo condiviso non sminuisce o elimina, ma “esalta e supera le individualità e le potenzia a un tempo nella cornice di una azione comune condivisa”. Questa è la sua forza, questa è la sua ragion d’essere e il suo significato più profondo.

13)       Ascolto della voce individuale nell’ambito di un sistema di valori di riferimento comune significa esaltare quello che la diversità individuale può dare a tutti i suoi membri perché questi ne beneficino. Per questo, per riconoscere davvero valore all’individuo e al suo contributo, bisogna intendere (ed egli deve intendere) questo contributo dato a tutti, per il bene di tutti nell’ambito comunitario del Movimento. Il “Poeta d’Azione” come “Unità Artistica Operante” agisce nel nome di tutto il Movimento e tutto il Movimento agisce in suo nome. I singoli individui appartenenti al Movimento e il Movimento stesso, come i singoli individui fra loro all’interno del Movimento sono cosa sola, corpo unico orientato esteticamente verso l’azione trasformatrice del mondo, ovvero sono il Movimento.

14)       Nell’attuale società borghese, liberal-capitalista o liberista che dir si voglia, l’individuale non è mai inteso come individuo e, di fatto, è annullato in quello che noi chiamiamo l’”io impersonale generalizzato” che è solo una appendice del profitto capitalista. È evidente che si vuole evidenziare con questa definizione come nell’attuale società l’individuo abbia un valore negativo o più o meno positivo in ragione del suo grado di redditività, che è altresì misura della possibilità e del grado d’accettazione e inserimento o meno di questo all’interno della struttura sociale.

Nella realtà sociale attuale del mondo il trionfo dell’individualismo e non dell’individualità annulla l’individuale, la sua ricchezza nella differenza, la sua forza creativa irripetibile in una massa indistinta dai caratteri comuni irriconoscibili e riconducibili all’egoismo e al cinismo imperanti assurti in quanto valori (in negativo si intende) portanti della conduzione della vita. Le relazioni in questo modo mercificate hanno perso il loro significato autentico e hanno portato l’umano verso l’inumano, i rapporti fra uomini a rapporti fra cose. Il residuo dell’individuale nell’uomo vaga senza comprensione, ascolto, sbocco in una realtà di rapporti con gli altri uomini e della percezione di questi cosificata.

È proprio liberandosi della propria individualità di facciata con l’abbandono del nome di battesimo, individualità come si è visto fittizia perché annullata e ri-codificata dal potere dominante e annullata da questo in un “ruolo” sociale riconoscibile massificato, e al contempo illusorio come individuale, che si può giungere ad essere se stessi oltre i simulacri che la realtà presente rimanda di noi stessi per ingannarci e renderci oltre che innocui persino funzionali.

Noi nella realtà presente siamo (ovvero crediamo di essere) Alessandro, Luigi, Federico, ma di fatto nella somma delle nostre individualità siamo un individuo sovraindividuale che annulla noi stessi in quanto individui e legittima e mantiene in essere il potere dominante attuale. Per dare senso alle nostre individualità paradossalmente dobbiamo uccidere l’immagine esteriore “spettacolare” di questa individualità che è annullata nel nome e, assunti “nomi di battaglia”, sancire un unione di intenti che rafforzi i singoli e attribuisca davvero senso all’individuo perduto e orfano nell’individuo archetipo condiviso che è noi stessi alla n.(ennesima) potenza.

15)       È evidente come il potere dominante immanente alla realtà attuale, la realtà attuale stessa intesa come reificazione e manifestazione tangibile del potere attuale, la struttura sociale in essere, i rapporti (che sono sempre basati sulla percezione di se, dell’altro, della realtà, e sulla “realtà della percezione” che è figlia a sua volta della visione del mondo della quale la realtà è l’implicita espressione) fra individui e fra individui e società, le modalità d’organizzazione logica del pensiero e i suoi paradigmi primari, sono tutti fondati e mantenuti tali da due costanti tanto diaboliche quanto universalmente imperanti: la separazione e l’antitesi.

16)       La separazione nella sua accezione ristretta è l’atto-effetto del separare nel suo compiersi, o la constatazione – ove sia possibile ancora risalire e rintracciare la precedente unità – di ciò che si presenta ora come separato. Il concetto di separazione è da intendersi in relazione al concetto di unità col quale questo si trova sempre e in rapporto obbligato. La separazione e l’unità sono inscindibili nella misura in cui un termine rimanda, richiede e necessita, per sussistere nel significato categoriale che qui gli si attribuisce, la presenza e l’esistenza dell’altro. Tuttavia la separazione non è un arbitraria entità astratta postulata a priori per convenzione o convenienza e assurta a metodo o semplice strumento d’indagine della realtà, ma la condizione stessa del mantenimento e la perpetuazione della realtà attuale stessa. Come tale la sua esistenza e la sua presenza sono verificabili empiricamente, nel significato corretto che si attribuisce al termine, rintracciandola negli effetti da questa prodotti sulla realtà.

Per questo è corretto affermare che la “separazione” è un procedimento” e un procedimento al quale è possibile risalire e che è possibile individuare guardando ai suoi effetti.

17)       La società attuale unisce e separa ad un tempo: se la sua vocazione primaria è quella di basare il dominio del suo dispotico governo sulla divisione successiva dell’organismo sociale, fino a giungere vittoriosa a isolare, con procedimenti artificiali e innaturali, l’individuo stesso (come fosse un batterio pericoloso e sempre portatore d’un infezione latente) per contro inocula in esso le sfaccettature del suo tutto dividere, perché: una volta assimilate come naturali, fungano da vaccino al pensiero del contrario e agli  atti “dannosi”che ne seguirebbero. La società moderna è la società della divisione, divisione che genera anomia, insicurezza, paura nell’uomo. Un ordinamento statale illegittimo e usurpatore  (come è quello attuale) ha bisogno di apparati ideologico-organizzativi che facciano del “terrore psicologico” lo strumento primo per instillare tale paura. La sicurezza dell’uomo nell’attuale società dell’illusorio diffuso si ritrova solo in atti suggeriti coercitivamente (imposti) dal consumo, ripetuti ossessivamente, privi di significato e di valore, che servono ad allontanare la paura del perdersi di sé, di esserci e di essere nel mondo.

Il possesso del tempo nel quotidiano –è evidente- non appartiene più agli uomini (spossessati definitivamente di esso dalle logiche temporali della produzione-consumo che lasciano spazio solo al tempo dell’indottrinamento alla produzione-consumo), ma al potere stesso.

La vita degli uomini è ora ridotta allo sterile protrarsi di un quotidiano dove di fatto poter scegliere significa guardare a delle opzioni identiche proposte da un’unica fonte di irraggiamento che decreta l’ampiezza del raggio di non-possibilità. Scegliere significa auto-ingannarsi ma aderire positivamente alla logica dominante, non scegliere significa subirla e accettarla… comunque. Combatterla significa innanzitutto averla compresa e denunciarne l’intima natura per poi proporne risolutamente l’alternativa.

18)       Nell’impero della separazione compiuta la separazione massima alla quale la società è giunta impedisce il reale contatto e la comunicazione fra gli uomini perché sempre mediati dall’ideologia indotta dal sistema compresente in ogni singolo individuo che ne ha ormai da tempo introiettata supinamente l’essenza e ne vive le disastrose conseguenze addirittura con gioia.

19)       La rivoluzione dei Poeti d’Azione è insieme spirituale e materiale. Se il rivolgimento all’interno delle coscienze determina la prima fase, in seno ad un gruppo antagonista questa si realizza sempre con azioni concrete. Ingenuo è pensare che sia bastante l’impegno sul fronte della realizzazione della rivoluzione spirituale a generare naturalmente e senza apparenti strappi quella materiale. Ciò sarebbe virtualmente possibile, ma soltanto a condizione che non esistesse un potere ostile al cambiamento e che, riconosciuta le sue inique colpe, facendo pubblicamente opera di pentimento radicale abiurasse se stesso lasciando poi pacificamente di essere accantonato e sorpassato. Ma ciò non ci sembra si sia sovente verificato nella storia e certo mai potrà avvenire oggi. La nostra elite rivoluzionaria è antielitaria per nascita e vocazione in quanto vuole, e sempre lo ha voluto,dare a tutti la possibilità di conoscere la verità e scegliere di conseguenza la migliore via della salvezza la quale non è di portata egoisticamente individuale, ma generale, in quanto è l’uomo in quanto tale che sta scomparendo e che è necessario salvare: per l’esitazione è già troppo tardi!

Ogni uomo porta su di se la responsabilità enorme del destino dell’intera civiltà in estinzione. Salvare se stessi non è possibile senza aderire prima e impegnarsi a far trionfare un progetto che – solo – può portare alla salvezza di tutti.

20)    Noi Poeti d’Azione riteniamo un imbecille al servizio del sistema di mantenimento in essere dell’attuale società antiartistica e anticreativa, colui che, perdendosi in considerazioni oziose ancorché gratuite, cercasse di collocarci politicamente a destra e a sinistra… o in qualsiasi altro posto. Riteniamo le ideologie del passato a noi ostili quanto basta da ritenerle ormai superate e da superarsi. Per noi Poeti d’Azione esistono solo due condizioni: la Rivoluzione e la Conservazione le quali a loro volta rimandano a due modi di essere, di agire nel e sul reale, di interpretare le cose e con esse rapportasi. Noi riteniamo la coscienza del “potere della creatività come creazione del mondo” e l’impiego di quest’ultimo, il mezzo che porti al cambiamento e alla presa d’atto della necessità di tale cambiamento. Il non voler cambiare è una condizione psicologica prima che politica. La politica fa leva sulle psicologie per mantenere lo stato attuale cosi com’è. Non esiste destra, centro o sinistra, ma solo Rivoluzione e Reazione. Chi riconosce come proprie le indicazioni di vita e prassi rivoluzionaria quotidiana indicate dal Movimento, non si trova spiritualmente né a destra e né a sinistra, ma in alto!

21)    La miseria spirituale e di vita attuale è stata elevata a standard comune di vita. L’aspirazione collettiva è il consistere nei propri atti e nei propri pensieri, nelle proprie quotidiane modalità di vita, entro questo standard avvertito come condizione auspicabile e positiva capace di dare riconoscimento sociale, certezza di essere nel giusto nell’uniformità media di un “tutto” svalutato. Questo rende naturale mettere  in scena ovunque in costante riproduzione, rappresentazione e reificazione l’unica condizione ritenuta opportuna e  auto-propagandata  come tale: quella dello standard.

 In altre epoche era l’eccezionale a destare interesse, ora è lo standard (avvertito come stato e condizione naturale ed eccezionale ad un tempo) ed è la conformità delle cose con esso a destare massima attenzione e l’unico interesse.

         L’applicazione massiccia della scoperta sociologica che “tanto un messaggio comunicativo è gradito, quanto questo utilizza un codice semantico simile al proprio” – col conseguente grado di identificazione – ha determinato che non c’è più evasione massiccia (come era un tempo) nei territori mitici di un altrove irraggiungibile, ma nello standard che è standard fatto di bisogni indotti dal consumo.

In tv un celebre quanto replicato spot vede una nobildonna chiedere “ho voglia di qualcosa di buono” e in risposta il proprio maggiordomo-autista schiacciato un pulsante attiva un meccanismo che apre uno spazio segreto dal quale fuoriesce una piramide di cioccolatini che serve alla donna felice e compiaciuta. Nella pubblicità la distanza fra la contessa e lo spettatore – indipendentemente dal proprio stato sociale – è annullato, perché, come chiaramente indica il messaggio pubblicitario, è sufficiente recarsi ovunque e con poche migliaia di lire acquistare quel prodotto che ha assunto la proprietà di rendere felici, appagati, compiaciuti e addirittura nobili in quanto consumatori dello stesso prodotto di una contessa e quindi idealmente elevati nel gusto del proprio palato. Sapere che la contessa è solo un attrice e la costosa auto d’epoca è stata presa a nolo dalla troupe televisiva che ha realizzato lo spot e che il prodotto in questione viene prodotto e ri-prodotto a centinaia di quintali e per tale motivo è destinato alla massa e non ad una gruppo ristretto di intenditori, è inutile. L’inganno non è del media nei confronti dello spettatore, ma dello spettatore nei confronti di se stesso e pertanto non è un inganno, ma una complicità implicita data da una consuetudine che ha abbandonato il senso critico insito nel “principio di realtà”. Il principio di realtà attuale è appunto un principio di realtà irreale non figlio della percezione, ma della percezione percepita in sequenze stratificate l’una sull’altra.

Il complesso di inferiorità presente nelle masse che le dovrebbe spingere ad un automiglioramento viene lenito e emendato dalla spinta verso l’alto rendendo meschina anche la vita dei “nobili” e delle categorie più agiate quando rappresentate nei media e dal cinema (che possano essere o siano davvero meschine o laide è un altro discorso). Ciò li rende familiari e vicini e generalmente invidiabili esclusivamente per il loro maggiore potere d’acquisto che (nel mercato) hanno la facoltà di esercitare.

Nel cinema italiano così detto “d’evasione” brillante o comico ci si beffa dell’industriale cornuto, si narra della baronessa di facili costumi, il prete vizioso ecc. Nel cinema d’evasione non comico si attribuiscono tutti i problemi possibili alla vita delle categorie agiate, queste attribuzioni in parte svolgono la funzione di svalutare  tali categorie rendendole laide e corrotte, in altra parte le avvicinano all’uomo della strada abbattendo ogni differenza. Così una madre “illustre” mentre divorzia da un marito sfruttatore, vede la propria figlia divenire ragazza madre, oppure il proprietario di una grossa azienda deve affrontare il dramma del rapimento del proprio unico figlio o deve sottostare al pagamento di tangenti da parte della mafia ecc. Tutto questo rende  poco desiderabile il salto in avanti dell’uomo comune verso condizioni di nobiltà spirituale o elevamento culturale, scelte virtuose che sono da tali film assenti come modello. L’unica elevazione che viene additata come il nocciolo di una condizione superiore  è nel possesso di denaro, di beni materiali, di potere per il potere, privati di qualsiasi elezione morale o spirituale. D’altro canto tali film sono ideologicamente coerenti con se stessi, in quanto nascono per fare più incassi che sia possibile indipendentemente dal messaggio propagandato o dai danni provocati nella coscienza sociale e riescono benissimo a fare proselitismo di tale cinico e spietato atteggiamento. Il cinema d’altro canto esiste come industria dello svago e come una delle tante forme assunte dalla propaganda per meglio e più subdolamente raggiungere i suoi scopi. Il cinema è concepito “di massa” e a questa indirizzato, senza che sia possibile renderlo di questa massa. In Italia sono i grandi trust finanziari e politici in accordo spesso con le “famiglie” di attori e cineasti (che “dinasticamente” si tramandano il privilegio d’operare nel settore) a decidere il cinema. I pochi che vengono cooaptati nell’industria del cinema perché un ricambio di idee e maestranze è pure necessario sul lungo periodo, devono aderire e di fatto aderiscono all’idea di fare cinema  preesistente, pena l’esclusione da questo “mondo dorato”.

Si produce in tal fatta un meccanismo informatore del Capitalismo dello Spettacolo: l’infeudamento dei Ruoli, delle Carriere e delle Possibilità dispensate ai figli, nipoti, affini, amanti e semplici cavalieri serventi della Star. Piazzati al posto giusto al momento giusto perché legati dal rapporto di sangue biologico o di condotta al Personaggio.

Ciò scatena da un lato l’imperante mediocrismo delle Produzioni Spettacolari e dall’altro una mentalità mafiosa di prona e supina accettazione dei tanti arrivisti impossibilitati dal loro ego vanesio a combattere il sistema e perfino di comprendere la necessità della Lottaperpetuacontinua. Non per acquisire un ruolo di professionisti della Rivoluzione, sebbene per liberare le energie autentiche e spontanee dal cappio gordiano della sottomissione ineluttabile o della rassegnata e scontata frustrazione. Si origina dunque Tecnologia-Spettacolare + Medioevo-Consorteria = Barbarie + Incultura.

La tecnologia applicata allo SPETTACOLO e ALLE LEGGI delle IMMAGINI non è più progressiva ma involutiva del senso estetico e del buon costume. Teorizzare l’arte per l’arte mediatica non salva dal naufragio dell’atomismo psicologico e sociale delle relazioni oggi particolarmente inesistenti da cui si ricava il nulla solido di leopardiana memoria. Il Rovesciamento delle Relazioni oggi adoranti il DIODENARO fa dell’Italia una nazione retta dalla Teocrazia impersonale e disumana della Casta Bancaria e dalle Caste Oscure di Millenario Radicamento Italico: le Mafie e le Sette Dominatrici dello Spazio Stanziale. La STAR  è il Padrino o Padrone delle Anime! Dice che fare, che pensare che comprare chi votare! E il Capopopolo delle Masse incolte e tenute nell’Ignoranza Televisiva dalla Dittatura della Falsificazione Totale dei Rapporti Umani.

22)       La vittoria della completa industrializzazione ha segnato la fuoriuscita della fabbrica dal suo ambito spaziale d’origine per divenire immanente allo spazio della realtà quotidiana, con i suoi ritmi, i suoi ordinamenti interni, le meccaniche di assunzione o licenziamento che possono tradursi in meccaniche di inserimento seppur alienato nella produzione (inserimento questo che viene socialmente propagandato come realizzazione della persona, conquista di uno spazio di felicità) oppure emarginazione più o meno totale da questo: condizione che destina gli “emarginati della produzione” ad una vita non gratificante, all’indigenza, alla morte per inedia, al suicidio.


Oggi la società organizzata si è posta nella prospettiva di essere “la fabbrica della vita”. Da qui la supremazia dell’economico sul politico (come sull’etico e sull’estetico) e la funzione dell’uomo politico commisurata al suo ruolo di “manager dell’Azienda-Nazione”.

 

La società borghese improntata sulla concezione della divisione “specializzata” del lavoro ha reso l’uomo simile alla macchina “specializzata” alla quale egli si trova impegnato (macchina intesa anche come specializzazione settoriale, ingranaggio di una fabbrica più estesa). Il sentire comune e la percezione dell’unicum sociale si è frantumata o quantomeno è avvertita solo nelle logiche dei rapporti mercantili di produzione-consumo in una società divenuta catena di montaggio.

 

Noi poeti d’Azione crediamo che un antidoto sia necessario. Noi siamo l’antidoto. Solo l’esprimersi senza freni d’una creatività liberante e liberata può riuscire a sabotare il moto infernale della spirale discendente che porta l’uomo verso l’inumano.

23)       Si fa credere all’opinione pubblica che la libertà e la libertà d’espressione in primis siano una delle prerogative essenziali della democrazia parlamentare e liberal-capitalista, migliore, più evoluta e civile forma di governo possibile. La libertà d’espressione nelle moderne “tecnocrazie mediali”, fondate su verità e realtà illusorie, non ha più senso, in quanto quando non viene esplicitamente impedita da divieti o resa impossibile dalla mancanza degli strumenti atti alla sua trasmissione-diffusione (monopolio esclusivo del potere stesso) è esercizio solo formalmente possibile, perché privato completamente di senso e valore. Il potere attuale sembra non temere le critiche espresse autonomamente nei suoi confronti perché ha innescato un meccanismo raffinato quanto diabolico capace di agire a monte, rendendo difficile la diffusione dei messaggi anche quando sembra permettere che questi vengano diffusi, e soprattutto a valle, privando ogni messaggio di possibili conseguenze (per se) nocive. Ciò avviene nei confronti dei messaggi, così come nei confronti degli attiLa tecnocrazia mediale sterilizza le conseguenze togliendo significato agli atti. Quindi gli atti inerenti l’esercizio della “libertà” permessi e quelli vietati che negano di fatto la libertà – entrambi privati di conseguenze – si equivalgono. Dichiarare permesso un atto e impedirne le conseguenze equivale a renderlo nullo e ad averlo vietato perché vietato a valle. Il potere attuale previene la nocività delle azioni operate nei suoi confronti sterilizzando le loro conseguenze.

24)     Potere Narcisista.

Il potere per il potere, ovvero quello che ha nel potere stesso il suo unico esclusivo e ossessivo fine, dispotico e assolutamente autoreferente, è da noi denominato “potere narcisista”. Tale narcisismo è autocontemplativo di sé, egotico, privo di relazioni. Tale potere dal carattere narcisista si pone come separato e autonomo rispetto alla realtà sulla quale agisce in modo unidirezionale. Non può essere considerato legittimo in quanto mai riconosciuto nella sua funzione decisionale e di comando da una comunità che concorra consapevolmente al suo mantenimento e ne fissi di comune accordo le regole di condotta e i limiti d’azione. Il consenso nei suoi confronti è ottenuto manipolando le coscienze, creando quanto necessario a veicolare lo scontento e il malessere popolare verso falsi bersagli costruiti ad arte.  Uno dei metodi efficaci da esso adottati per togliere d’impaccio se stesso e perpetuare il suo esistere, è la creazione artificiale di “interessi” contrapposti. Tali interessi generanti fazioni nemiche, occupate nell’osteggiarsi accusandosi le une con le altre dei problemi e i mali che affliggono tutti nel loro insieme, fiaccano i contendenti giungendo persino ad aggravare le rispettive condizioni. Condizioni da ricondursi alla natura e alle azioni del potere stesso.

 Il potere narcisista ripiegato su se stesso si adatta alla realtà negandola allegramente e mascherandola ideologicamente. Il potere narcisista percepisce l’altro come parte o “potere integrato di sé”, o non lo percepisce affatto. Tale potere corrisponde allo stato patologico regressivo delle gravi forme di narcisismo studiate dalla psicologia clinica nelle quali si osserva il paziente incapace di percepire l’altro da sé come separato, coscienza autonoma e indipendente alla propria, volontà altra capace e legittimata di agire anche in contrapposizione a noi e ostacolando e influenzando la natura del nostro fine. Inutile aggiungere che il potere attuale è un potere narcisista.

25)     Un falso metafisico: la categoria di Classe.

Premesso che per noi il sistema comunista si fonda sulle stesse aberrazioni di fondo del sistema borghese, riteniamo la categoria di classe e il conseguente conflitto fra classi un falso storico e ideologico, ed essere solo un’ erronea prospettiva filosofica formulata in un ennesimo tentativo – non andato a segno – di spiegare il reale. Riteniamo che la categoria di classe  sia solo una categoria idealista utilizzata per generare un meta-discorso che portasse a una sistemazione della realtà e della storia nell’ambito di una elaborazione teorica di un modello interpretativo portante ad una meta-comprensione della realtà. Pertanto il concetto di classe è pura astrazione e la sua esistenza non è in alcun modo verificabile empiricamente perché non esistente. La classe non esiste. Il conflitto di classe non esiste: è il potere a generare artatamente lo scontro sociale per continuare a mantenersi in vita, esistere e prosperare. Pertanto il Marxismo che ha avuto nelle proposizioni di Karl Marx la pretesa di essere scienza, ovvero “socialismo scientifico” contrapposto al preesistente socialismo utopico, in verità di scientifico non ha nulla. Non importa al fine di questa analisi stabilire se il capitalismo borghese si sia sviluppato naturalmente o meno rispetto all’ideologia comunista e alla messa in pratica del socialismo reale e se questo sia altrimenti fondato su dogmi teorici snaturanti la naturale costituzione dell’assetto sociale di una società. L’ideologia borghese liberal-capitalista e il suo complemento di segno opposto: l’ideologia comunista si servono in diverso modo dello strumento della separazione artificiale fra gli uomini per giustificare e instaurare un potere della stessa natura.

Il liberal-capitalismo nella sua attuale fase tecnocratico mediale, ove tutto è burocrazia (perché la pervasività tecnica ha assunto la valenza di una efficace impalcatura burocratica capace di agire in ogni istante e in ogni luogo come strumento di controllo e di propaganda), può essere senza difficoltà considerato una versione raffinata e vincente del comunismo realizzato di stampo leninista.

26)     Storia della “Rappresentazione” e significato della “meta-comprensione”.

In principio era la vita, poi vennero i segni, i concetti, la “rappresentazione”. La memoria in tal modo fu affinata e si ampliò. L’uomo comprese che il rappresentato era stato vita, ma contemporaneamente era qualcos’altro: un trascorso irrimediabilmente, un avvenuto collocato nel tempo.  Subito confusione. La realtà e l’immaginazione si configurarono come due mondi compresenti e paralleli collegati in un rapporto che divenne presto biunivoco. La realtà dalla quale l’immaginario aveva preso forma a sua volta poteva prendere forma e modellarsi prendendo le mosse dall’immaginario. Ma dovettero passare molti secoli prima che si arrivasse allo squilibrio  e realtà vissuta, rappresentazione di questa e vita immaginaria autonoma rispetto alla vita divenissero allo stesso modo illusorie. La realtà divenne la rappresentazione della realtà, nel suo dipanarsi, mentre immaginario e rappresentazione divennero l’immaginario della “realtà dell’immaginario” vissuto e la rappresentazione di una vita vissuta nella rappresentazione. Da qui si comprende come i rapporti fra gli uomini non possono essere altro che rapporti mediati dalla mediazione della rappresentazione.  A questo Debord da nome di “spettacolo”, concetto che va capito tramite meta-contenuti. La comprensione di un vocabolo noto che ne significa un altro ed è deducibile solo dalla serie dei contesti nei quali si trova è una meta-comprensione. La meta-comprensione non è altro che una comprensione unitaria di diverse comprensioni pertanto è la comprensione della comprensione all’interno di una rete o sistema logico-semantico che ne sia riferimento.

A questi punti c’è un seguito… tuttavia i “segreti azionisti” sono rivelati solo a coloro che scelgono di impegnarsi attivamente per attuarli… pertanto cercaci e chiedi di essere ammesso ai nostri incontri e di partecipare alle nostre iniziative.

  Lo spezzare  le catene  della menzogna è meraviglioso, ma è solo la conoscenza della verità che rende liberi.

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