Giovanni Papini La vocazione di teppista intellettuale – Da Lacerba

Qualcuno, che s’immagina di conoscermi, si meraviglierà, forse, di vedermi qui, in mezzo ai futuristi, pronto e disposto a urlare coi lupi e a ridere coi pazzi ( benissimo). Ma io, che mi conosco assai meglio di chiunque altra persona, non sono affatto sorpreso di trovarmi in così cattiva compagnia ( bravo!). Da quando, dieci anni fa, sono scappato da quelle case di perdizione che son le scuole ( primi urli) per buttar fuori quel che avevo accumulato in un lungo incubamento di solitudine ho avuto sempre il vizio di star dalla parte dei matti contro i savi; con quelli che mettono il campo a rumore contro quelli che voglion stabilire il pericoloso ordine e la mortale calma; con quelli che hanno fatto ai cazzotti contro quelli che stanno alla finestra a vedere ( gridi svariati). Mi hanno chiamato ciarlatano, mi hanno chiamato teppista, mi hanno chiamato becero ( bene!). Ed io ho ricevuto con inconfessabile gioia queste ingiurie che diventano lodi magnifiche nelle bocche di chi le pronunzia. Io sono un teppista, è arcivero ( verissimo!). M’è sempre piaciuto rompere le finestre e i coglioni altrui ( vocìo enorme) e vi sono in Italia dei crani illustri, che mostrano ancora le bozze livide delle mie sassate ( proteste, alcune signore si alzano). Non c’è, nel nostro caro paese di parvenus, abbastanza teppismo intellettuale. Siamo nelle mani dei borghesi, dei burocratici, degli accademici, dei posapiano, dei piacciconi ( gridìo confuso). Non basta aprire le finestre – bisogna sfondar le porte. Le riviste non bastano ci voglion le pedate ( approvazioni ironiche).

Per questo mio stato d’animo, per questa mia nativa ed invincibile inclinazione al becerismo spirituale, io, per quanto non futurista ( risate, insulti), non ho potuto fare a meno di accettare l’invito di Marinetti e di venir qui a far la parte di buffone schiamazzatore dinanzi a tante serie persone ( è vero!). Ho già scritto e stampato tutto il male e tutto il bene che penso del futurismo e non voglio ripetermi. Ma resta il fatto importante e fondamentale che in questo momento, in Italia, non v’è altro moto d’avanguardia vivo e coraggioso al di fuori di questo; non v’è altra compagnia possibile e sopportabile per un’anima di distruttore, per un’anima seccata dell’eterno ieri e innamorata del divino domani – resta il fatto gravissimo, signori miei, che tra questi canzonati futuristi vi sono uomini di vero ingegno che valgono assai più dei graziosi scimpanzé che ridon loro sul viso ( urli bestiali). Queste ragioni mi son bastate e mi bastano per sfidare l’obbrobrio che
può cadere sul mio capo scarmigliato per questo mio gesto di simpatia, e, se volete, di solidarietà (tumulto in platea).
Da: Giovanni Papini, “Lacerba”, anno I, n. 5, 1°marzo 1913