Stewart Home e l’Internazionale Situazionista di Sandro Ricaldone

Sandro Ricaldone critico d'arte
Il critico d’arte Sandro Ricaldone

Per quel che mi riguarda, vorrei prendere in esame un aspetto del libro che forse ha meno a che fare con il Neoismo (che, per inciso, è un qualcosa di abbastanza indefinibile, di non omogeneo, con varie fasi, alcune – le prime, quelle di Portland e di Montreal – più legate alla Mail Art ed a Fluxus, le successive, in Europa, più radicali) ma parecchio con Stewart Home e il suo rapporto più di odio che d’amore con le Avanguardie.

Detto un po’ brutalmente, il succo del discorso di Home è che “le interpretazioni generalmente accettate delle avanguardie sono molto noiose” e occorre perciò “dare sfogo a questa urgenza di mandare affanculo la storicizzazione, di venir fuori con nuove prese di posizione perverse sulla cultura”.

A dire il vero la perversità è forse più nel linguaggio che nella sostanza. Non colpisce più di tanto la tesi che il Futurismo non volesse davvero distruggere musei e opere del passato, o l’etichetta di ridicolaggine applicata ai lettristi del gruppo di Isou. E nemmeno l’addebito a Fluxus di partecipare dell’estetismo borghese, di “fare affidamento, per avere successo, sulla trasgressione delle regole della cultura alto borghese” e di essere “estranea al gusto popolare”, visto che questo, come Home stesso riconosce, è “un tratto caratteristico dell’arte d’avanguardia”.

Stewart Home Demolish Serious Culture
Stewart Home

La critica si fa invece più affilata quando si parla di situazionismo, che Home ha studiato organicamente, curando la pubblicazione di una corposa raccolta di testi. E incide più in profondità, anche perché se la storia di Fluxus e sostanzialmente un’aneddotica molto frammentata, direi polverizzata (a parte la mitizzazione delle prime iniziative di Maciunas, come può essere per la scena europea il festival di Wiesbaden), una sequenza di microeventi che si accavallano senza caricarsi di un particolare carisma storico, sull’I.S. è stata condotta un’operazione di storicizzazione (ossia di deformazione della storia ad uso di Debord) molto precisa, con una stratificazione bibliografica che si è sostituita alla verità, imbastendo addirittura su circostanze reali eventi immaginari come la pretesa Conferenza di fondazione di Cosio d’Arroscia in cui non si discusse un bel nulla (meno che mai il “Rapport sur la construction des situations”) e la costituzione dell’I.S. fu decisa in cinque minuti.

Home non soltanto revoca in dubbio la asserita definitività dell’analisi debordiana (il che depone a favore del suo senso comune) ma mette in questione due punti fondamentali:

* la superiorità storica dell’Internazionale specto-situazionista (così denomina efficacemente il gruppo debordiano) sulla frazione artistica coagulatasi attorno a Jorgen Nash (il decapitatore della Sirenetta), il che in altri termini significa che per lui la critica alla separatezza dell’arte (critica che condivide) non importa di necessità il suo superamento/abbandono, ma piuttosto l’introduzione di nuove pratiche con valenza critica (come dovrebbero essere il plagiarismo e lo sciopero dell’arte);

* la originalità ed il rigore della costruzione teorica situazionista,

A quest’ultimo riguardo, in effetti, al di là delle mitologie invalse è facile accorgersi che la teoria della decomposizione dell’arte viene dal lettrismo dal quale discende anche l’idea del détournement come “utilizzazione di elementi prefabbricati in un ambito superiore”; che la “situazione” è termine di ascendenza sartriana (di quello stesso Sartre di cui Debord farà esporre i volumi, alla Vieille Taupe, la libreria di paul Guillaume, nella pattumiera); che la teoria dei consigli viene da Pannekoek via Socialisme ou Barbarie.

In breve i situazionisti, secondo Home, “si sono soltanto messi addosso questa roba, abbellendola con dei cliché surrealisti”, rintracciabili in particolare nelle tematiche del gioco e delle passioni.

Anche sulla “scrittura” debordiana, azzardatamente paragonata a quella del cardinale di Retz, l’animatore della Fronda, od all’oratoria di Bossuet (la qual cosa Debord stesso sembra prendere sul serio, arrivando a scrivere un auto-panegirico non poi tanto detournato) Home ha battute feroci, descrivendola come una tecnica retorica consistente nel “fare generalizzazioni grossolane presentandole però come dati incontrovertibili”.

A un certo punto però diventa difficile seguirlo: quando Home si avventura in disquisizioni che interpretano il settarismo di Debord in un quadro da società segreta, come una sorta di ultramassoneria.

Ad ogni modo Home stesso, pur rivendicando un suo tratto parodistico rispetto agli atteggiamenti di situazionisti e affini tende a “storicizzarsi” anche lui, per esempio svalutando il neoismo (in cui ha avuto un ruolo tardivo) a favore del plagiarismo e dell’art strike.

E bisogna anche dire che sul problema dell’opposizione all’arte come sistema mercantile-borghese-separato ecc. Home propone soltanto una strategia laterale.

Anzitutto compie uno scarto, mettendo da parte l’avanguardia proprio per il suo carattere intellettualistico e di “imperialismo culturale” (Home riprende, di quando in quando, gli slogan dell’artista Fluxus Henry Flynt al riguardo) ed optando per l’underground, che ai tratti antagonistici unisce un radicamento sociale (e culturale, nel senso di un riferimento ad una cultura popolare, i cui termini peraltro non sono ben chiariti).

Questa presa di distanza è rimarcata da un atteggiamento parodistico (per esempio nei testi di Smile, dove fa sovente il verso alla retorica situazionista) e beffardo, come attesta la sottolineatura di operazioni del genere di quella architettata dalla K Foundation per l’attribuzione di un premio al peggior artista inglese, attribuito, per un’ammontare doppio, rispetto a quello “ufficiale” a Rachel Whiteread, vincitrice del Turner Prize, assegnato al miglior artista britannico.

A questo s’aggiunge, come già accennato, un’insieme di pratiche nel cui ambito gesti esemplari (l’Art Strike, appunto, in cui si può leggere un’applicazione ironica della tradizione tradeunionistica contrapposta all’estremismo hegeliano di Debord) si alternano a comportamenti “plagiaristi” destabilizzanti (in termini di diritto proprietario ed operatività dei meccanismi commerciali) e, dulcis in fundo, ad espedienti, come l’utilizzo dei “nomi multipli”, che – nati da una sorta di mimesi del sistema dello spettacolo, ove la ripetizione del nome è un presupposto di successo – si convertono nella costruzione di un soggetto collettivo e ugualitario, instabile e perciò stesso difficilmente dominabile.

 Intervento alla presentazione di “Neoismo e altri saggi”,

con Simonetta Fadda

nello spazio Leonardi/V-idea

Genova, 30 giugno 1998

Tratto dal sito:

Sandro Ricaldone Webpage: http://www.geocities.com/Paris/Rue/4853/stewart.html

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