Poesia, Azione e Magia

Nella nostra cultura il significato e il valore della poesia, dell’ispirazione poetica e del poeta, sono in linea di massima confinati e riferiti ad un luogo ristretto e settoriale che attiene all’estetico. Tuttavia l’ambito nel quale agisce la poesia e in passato si riteneva agisse, è molto più esteso. Molteplici sono le prove di come la percezione – esclusivamente estetica – della poesia, sia una riduzione della natura autentica e intima del verso poetico, del poeta, della sua ispirazione e forza generativa e creativa capace – in verità – di dare luce alla realtà stessa. Questo risulta chiaro ed evidente conoscendo la “forza” che essa internamente contiene.

Tetragrammaton
Tetragrammaton

Ogni sistema sociale teme le forze “incontrollabili” capaci di mettere in discussione l’esistente, quelle forze che abbiano la capacità e l’intento di entrare in competizione con esso minandone la stabilità. Ciò spiega in larga misura il ritiro del mare della poesia nel bacino dell’innocuo estetico.

Ciò che unisce e definisce una comunità all’interno dei confini geografici di appartenenza è da riferirsi alla lingua comune nella quale si esprime quella comunità. La poesia parla con una sintassi e una grammatica che sono solo apparentemente parte della lingua dalla quale prendono le mosse.

Parlano una lingua destabilizzante, che superando le contingenze, si fa presaga del poi, spalanca le porte del domani e possiede anche la facoltà di determinarne lo svolgimento. In questo la poesia sembra avere un valore politico. Il valore politico della poesia è in realtà più elevato, è un valore profetico e magico.

Il poeta rappresentato nell’iconografia romantica del 7/800 come un invasato dalle chiome lunghe che vive un rapporto con le cose, il mondo interiore e altre forze sconosciute che determinano il suo furore creativo o vaticinio, hanno origine in una tradizione primordiale, arcaica nella quale non c’erano confini fra parola e fenomeni, parola e azione, perché le riduzioni del razionalismo ancora non avevano condotto le dimensioni dello spirito o dell’anima all’illusione della misurabilità e logica finitezza del mondo sensibile.

Il poeta era avvertito, e a ragione, nella sua qualità di ispirato, come veggente, sciamano, taumaturgo, profeta.

Il ruolo della poesia e del poeta presso altre culture e in diverse epoche –ciò è ampiamente documentato- (1) ha avuto e in certi casi ha tuttora, valenze che attengono all’ambito del pensiero intuitivo e alla magia. In questa prospettiva la poesia è assunta come vera e propria “tecnica magica”. La creazione poetica è azione magica determinante cambiamenti reali nel mondo interno di un soggetto, come nel mondo fisico. Permette altresì di entrare in contatto con le forze del cosmo e di agire su di esso direttamente. In questa visione, com’è evidente, la poesia assume una funzione quantomai pratica e vitale.

Ciò che era la poesia, beninteso, non è scomparso come sensibilità nei sui confronti da parte di molti. La percezione del mistero che pur emerge dalla poesia è avvertito come presente. Ciò che fa chiamare una poesia tale è anche un equilibrio magico capace di penetrare livelli diversi dell’essere da quelli di superficie; tuttavia la maggioranza delle persone che abbiano in parte sviluppato questa percezione della poesia, non ne afferrano sino in fondo l’intima natura e il potere celato.

La poesia è oggi da ritenersi altro che un passatempo o una forma di “godimento estetico” per pochi fine tale. E questa sensibilità e percezione della funzione poetica nuova e arcaica assieme si sta diffondendo. Anche perché la poesia è azione dalla sua origine! Azione di cui conserva la sua traccia più remota nell’etimologia (póiesis = ποίησις da ποιέω = faccio).

Di Alessandro D’Agostini

Note – (1) Si veda al riguardo l’ampio saggio “Poesia e magia” di Anita Seppilli, Einaudi, 1971

23 Novembre 2005

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