L’Illegal ArtShow – Roma 2.0 è davvero contro lo Show Illegale dell’Arte?

L’Illegal Art Show – Roma 2.0

è davvero contro lo Show Illegale dell’Arte?

PartecipAzione e Critica del Fondatore del Movimento “Giovani Poeti d’Azione”

Alessandro D’Agostini.

Si è tenuta a Roma Giovedì 25 Marzo 2004 dalle ore 16 alle 20 circa presso la Stazione Metro Monti Tiburtini l’Illegal Art Show – Roma 2.0, manifestazione promossa dal sito www.guerrigliamarketing.it.

Noi Poeti d’Azione riteniamo che sia disposto davvero a compiere azioni illegali chi – dalla “pratica sovversiva” – voglia ottenere qualcosa. Altrimenti a cosa serve? Si tratta di una moda degenere o di una sorta di arcadia della protesta.

Chi accetta le condizioni di vita e di sfruttamento attuale non avverte la necessità della reale pratica della “disobbedienza civile”, dell’uso più o meno blando dell’illegalità o di altre forme anche più estreme di lotta, e conseguentemente poi non la pratica davvero. Forse è anche per questo motivo che lo IAS si limita a stare “fuori” della metro anziché occuparla davvero.

Noi Poeti d’Azione quando abbiamo svolto i nostri “reading poetici di protesta” nelle metro, abbiamo violato anche la proprietà considerata “privata”, (ma in verità di pubblico uso nel transito quotidiano di migliaia di persone), dello spazio interno delle fermate metro.

Le nostre Azioni evidentemente scaturiscono da presupposti diversi e soprattutto sono orientate verso esiti differenti dai partecipanti dello IAS.

Intervista al Poeta d’Azione Alessandro D’Agostini intervenuto alla manifestazione dell’Illegal Art Show.

Ho incontrato il poeta Alessandro D’Agostini durante la manifestazione dell’Illegal Art Show tenutasi il il giorno giovedì 25 Marzo scorso a Roma. Avevo un registratore e gli ho proposto un’intervista. “Sono qui a titolo personale e in incognito… Intervista gli organizzatori, non me” E allora che ci fai qui? Mi ha risposto che non era in quel posto “ufficialmente” come esponente del Movimento, ma per “incoraggiare la manifestazione”. Ho replicato così “fai benissimo, ma pensi che questa sia arte? “La sottocultura giovanile ‘Hip-Pop non è Arte” mi ha risposto e poi ha proseguito: “Questi giovani tentano di fare qualcosa che io facevo con i Poeti d’Azione già nel ’94”. Quindi ti senti un precursore. “No, ma ho sollevato il problema della <<riappropriazione degli spazi reali>> da parte dell’arte e degli artisti molto prima di loro”. E pensi che il loro intento sia davvero questo? “Dovresti intervistare i partecipanti uno ad uno personalmente e chiederglielo…” Poi ha aggiunto “Quello che ho fatto con il mio gruppo e che continuo a fare lo faccio con una coscienza delle cose diversa. Comunque, per evidenziare le differenze, ti dico che qui c’è molto spontaneismo, poca coscienza . Noi siamo e siamo sempre stati un gruppo organizzato con una ideologia precisa che ci spinge all’Azione collettiva. Ci muoviamo con dei presupposti teorici, una analisi e un programma alle spalle. Vogliamo denunciare il mondo della cultura ufficiale, smascherarne i meccanismi, nel proposito di farlo vacillare e poi essere gli artefici del suo crollo finale”. E loro.? “Loro? Noi direi, perché ci sono anche io qui oggi! A parte gli scherzi. Loro prevalentemente fanno due cose: si divertono Che significa? ed esprimono la loro soggettività…””Significa che per la cultura post-punk che è quella hip-hop e squatter è più importante l’atto di riunirsi, ritrovarsi e imbrattare un muro assieme, ma non per veicolare un messaggio articolato figlio di una vera coscienza estetico-politica radicale: quello che fanno prevalentemente lo fanno come atto di presenza. Lo vedi anche tu, quello che tentano di fare, più che un atto autenticamente creativo (e in quanto tale genuinamente rivoluzionario), è una atto di distruzione dadaista e forse nemmeno tanto ironico come dicevo prima, guarda…” Mi indica un muro con un manifesto con su scritto “Giù le mani dalle siringhe” A me pare si tratti di un messaggio di disperazione… “Sì, e di emarginazione! Esprimono la loro soggettività ognuno per conto proprio, ma insieme. Questi non sono atti rivoluzionari, anzi. Non c’è poeta più borghese di Mallarme (che beninteso amo come poeta come amo e ho molto frequentato i simbolisti francesi). E di cosa parlava? Dei cazzi suoi! Che facevano molti simbolisti, si drogavano, allucinavano per scrivere. Di cosa? Della propria condizione di borghese alienato.” D’Agostini adesso ha cambiato tono e ha – come prevedevo – cominciato ad infervorarsi. Lo interrompo. “Non mi dirai che questi ragazzi sono borghesi”. “Invece te lo dico. E lo dico perché essere borghesi significa ritenere arte-vita-politica come momenti separati e accettarli integrati tutti nello spettacolo”. Puoi spiegarmi meglio. “per comprendere ciò che ti dico dovresti conoscere le avanguardie e Debord… Semplificando, questi ragazzi praticamente dicono con le loro creazioni ‘siamo diversi’ da voi. È un messaggio aggressivo, se vogliamo all’apparenza anche di denuncia sociale, ma in realtà c’è un compiacimento dietro. Quello che fanno qui oggi non è un atto di autentica liberazione, rivoluzionario, ma ha il piglio di una comunicazione privata. Se ci pensi bene finisce quasi per essere qualunquismo”. Mmm “Loro non hanno un progetto, una ideologia che preveda un dopo, uno sbocco, la riappropriazione definitiva: la “palingenesi”, la conquista della libertà. La costruzione del santuario dell’Arte sulle macerie della non arte di oggi” Dunque spiegami perché farebbero tutto questo qui oggi in metro? “Perché sono alienati in una società alienata e si identificano nella loro particolare condizione di alienazione. Di fatto la subiscono, ma ne accettano le conseguenze identificandocisi al punto da portarne in alto il vessillo alla testa del corteo. Sono chiusi in una torre d’avorio rovesciata. Sono all’inferno, ma credono di essere in paradiso come disse Pasolini dei ragazzi delle borgate.(…) Per una società che ti nega la possibilità di esprimerti e non ti riconosce l’esistenza, un minimo riconoscimento, qualsiasi cosa che ci faccia dire “io” anche in un sibilo, viene presa per buona. Questi giovani preferiscono schizzare di colore un muro che rinunciare completamente all’identità, meglio quello che niente. Vogliono affermare una esistenza forse negata, ma che di fatto poi negano essi stessi a se stessi. È triste dirlo: ma chi vive senza progetti è un nato morto”. Comincio a capire. Una volta ad una conferenza hai parlato della auto-ghettizzazione di questi gruppi. “Certo, nascono nel ghetto, conoscono la realtà del ghetto. Sono dei marginali per definizione e di fatto in molti casi anche degli emarginati. Il fatto è che non avendo un progetto strutturato di “assalto al cielo”, si autocompiacciono della loro stessa emarginazione. Puro nichilismo. Tutto questo è tristemente evidente e mi dispiace dover essere io a dirlo. (…) Dalla condizione di emarginazione si può anche produrre arte, ma l’emarginazione non è arte. È qui l’equivoco”. E i Poeti d’Azione? “Il discorso è troppo vasto, ne ho parlato tante volte. Noi non sentiamo in quel modo, non ci poniamo come arte alternativa, noi siamo l’Arte. La nostra non è la lotta prevedibile e facile dei naive capace di influire sul mondo e di ri-costruirlo contro chi ha frequentano l’Accademia o dello spontaneismo artistico contro la cultura seria, noi – e siamo gli unici – combattiamo la cultura mistificata del sistema ridotta a struttura e ornamento, con la vera cultura. Non esiste per noi una arte dei ghetti (centri sociali, arte hip-hop etc.) e una arte “composta”, ufficiale, accademica, spocchiosa. L’Arte è una sola. È o non è. Se è arte sale dal ghetto alle stelle. Bob Dylan nacque nella contestazione e come cantore di questa, per poi essere riconosciuto in verità come artista da tutti. Se non fosse stato un artista autentico, ma solo uno dei tanti che imbracciavano la chitarra in quegli anni, condendo il tutto con qualche rima politica, oggi non ci comunicherebbe nulla. E il discorso ha una sua coerenza anche se ciò avvenisse dall’altra parte… L’arte se è Arte ed è nata dall’alto, nel contesto della ufficialità, ha la facoltà di raggiungere gli uomini anche fuori da quell’ambito. Beninteso che il ghetto si costruisce in basso come in alto”. Che cosa propongono in alternativa i Poeti d’Azione? “I Poeti d’Azione sono divenuti conosciuti inizialmente come gruppo di agitazione, di contestazione e per le numerose performance in giro per piazze, stazioni metro, locali e teatri; sì, contestano, vogliono cambiare le cose, ma non fanno assolutamente Arte di contestazione. Se fosse così noi come gruppo d’Avanguardia estetico-politica saremmo molto limitati e non ci saremmo arrogati il diritto di competere l’arte ufficiale. Perché? Perché noi riteniamo di avere la legittimità di delegittimarla. Noi facciamo Arte e basta! E teoria rivoluzionaria dell’Arte. E consideriamo anche questo arte. La vera arte è rivoluzionaria in se. Abbiamo sempre avuto come proposito quello di <<scacciare i mercanti dal tempio della cultura>>. I falsi artisti e i servi del sistema arte, le tante prostitute prezzolate e reazionarie che impediscono ogni dialettica, crescita e ricambio generazionale nel mondo dell’arte e della cultura” che, mantenendo l’arte separata dalla vita, negano l’azione estetica sul mondo e nel mondo”. Quindi voi volete in qualche modo prendere il potere? “Sì, certamente, mentre gli illegal-artisti no. Si accontentano di esporre, si accontentano di esprimersi; e ciò – beninteso – intrinsecamente non è male. È male perché, agendo come agiscono, di fatto contribuiscono a lasciare i rapporti di forza al vertice intatti e addirittura li rafforzano, perché di fatto non li discutono affatto. Essi in un atto moderatamente illegale, perché la mostra si svolgeva fuori – e non dentro la stazione – come avrei preferito io, credono di risolvere tutta la questione. Mentre Achille Bonito Oliva banchetta indisturbato con l’Assessore di turno con il cadavere putrefatto dell’arte di sistema, loro si riprendono – oserei dire – le briciole di una briciola”. Che cos’altro vi separa (a voi Poeti d’Azione N.d.A.) dagli artisti della IAS. “Ci separano più di dieci anni di pratica autentica della sovversione e di assalti frontali”!

Il Poeta d’Azione aveva affisso anche un suo quadro e uno slogan “Contro l’Arte del Potere Affermiamo il Potere dell’Arte”, ma crediamo, alla luce di quanto affermato da lui nel corso della presente intervista, che pochi fra gli artisti presenti ne abbiano compreso il vero significato o condiviso davvero il messaggio.

Pietro Salvadori

La mia curiosità e voglia di capire come mai il Poeta d’Azione si dichiarasse tanto lontano dallo spirito dichiarato della IAS mi ha portato a pregarlo di darmi altri giudizi in merito al progetto IAS anche in seguito per e-mail e lui mi ha invitato a contattare la teorica e performer argentina Luisa Or militante della Rete Internazionale Azionista che mi ha inviato una e-mail della quale stralcio liberamente una parte.

Ecco alcuni stralci della e-mail in questione.

(…) Sul sito degli ideatori della manifestazione si legge: “GuerrigliaMarkting.it nasce dall’incontro di professionisti della comunicazione che hanno sempre affiancato all’attività business oriented la sperimentazione politico culturale nei circuiti alternativi e underground”. È inutile leggere oltre. Già non ci siamo. L’elitarismo di questi signori è evidente nel linguaggio stesso con il quale si esprimono. “La rivoluzione è un atto linguistico” insegna D’Agostini, mentre loro parlano la lingua della controrivoluzione di chi alimenta il perpetuarsi del mantenimento del sistema di potere attuale, Parlano la lingua di chi si è arruolato spontaneamente per fare da collante fra questo potere e le “ipotesi” di contestazione, lasciando marcire l’antagonismo nella putrida palude in cui si trova oggi, antagonismo di facciata e ridotto ad essere un caos senza futuro e senza speranza, perché quelli di guerrigliamarketing di fatto collegano l’incollegabile, il disagio e le ipotesi di sovversione con il mondo del marketing aziendale e teorie apprese probabilmente alla Bocconi! E tutto questo avviene sopra la testa inconsapevole della stragrande maggioranza dei partecipanti alla IAS, artisti, ma più spesso artistoidi con qualche velleità artistica, narcisisticamente lusingati soltanto di poterci essere e privi della coscienza del significato intrinseco dell’evento che li inquadra non come <<soggetti>>, ma come manipolati strumenti di una farsa.

“Nel mondo dell’Arte il ricatto del potere artistico si fonda sul narcisismo. Solo nel superamento della miseranda soggettività e agendo in nome collettivo tale ricatto può essere eluso.” Cito un lucido e cristallino pensiero frutto della nostra autonoma elaborazione dottrinale (da “Scritti segreti ad uso del Praticante Azionista)”.

Il demerito maggiore dei “guerriglieri del marketing” è il mandare consapevolmente allo sbaraglio comunicativo e conseguentemente consegnare al desenso una operazione che pure un senso avrebbe potuto avere.

Sperando di essere stata chiara, ti saluto con una esortazione: andiamo avanti!

Saluti,

Luisa Or

I falsi rivoluzionari sono le spie del sistema che agiscono indicando alla rivoluzione territori di scontro falsi e obiettivi inesistenti al fine disorientare e fiaccare le forze rivoluzionarie e far cadere nel vuoto tutte le azioni positive.

I falsi rivoluzionari sono peggio del potere che pretendono di avversare, e sono il vero nemico da individuare e combattere. Perché? Perché sono gli avamposti arruolati in difesa del confine del sistema. Quelli preposti ad individuare la contestazione e la guerriglia ed annullarla sul nascere risemantizzandola prima che – divenendo un pericolo reale – questa accumuli la forza per sferrare un attacco efficace contro il Sistema stesso.

link correlati

www.guerrigliamarketing.it/campaign/iasmtiburtini.htm

www.guerrigliamarketing.it/campaign/ias.htm

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